MALATTIA DI LA PEYRONIE
Sintomi, diagnosi ed approcci terapeutici
La malattia di La Peyronie si caratterizza per un dolore in erezione e una curvatura peniena e rientra fra le cosiddette collagenopatie. Studi in letteratura dimostrano che uno dei fattori di rischio per lo sviluppo della patologia è la sollecitazione violenta, un trauma, da parte di agenti esterni.
La evoluzione della patologia è solitamente descritta come “bifasica”; Difatti vi è dapprima una fase iniziale in cui si genera una fibrosi dei corpi cavernosi a causa di una infiammazione incipiente e successivamente si instaura una fase di stabilità con calcificazione delle aree di fibrosi precedentemente colpite.
Fattori di rischio
L’incidenza della malattia sintomatica è di poco inferiore all’1%, mentre si ritiene che in forma asintomatica sia presente in oltre il 20% degli uomini. Colpisce più frequentemente i soggetti al di sopra dei 40 anni con un picco nella sesta decade di vita. L’eziologia è ignota e probabilmente multifattoriale. Vi sono tuttavia alcune condizioni in cui la malattia si manifesta con frequenza maggiore rispetto alla popolazione generale: il diabete mellito (14%), l’ipertensione arteriosa (8%), l’assunzione cronica di farmaci (19%) e il tabagismo (30%).
Può essere associata ad altre malattie del connettivo quali la fibrosi palmare o malattia di Dupuytren, la fibrosi plantare e la timpanosclerosi.
Sintomi
Il paziente avverte inizialmente la presenza di una nodularità nel pene che porta a consultare il medico.
Successivamente si manifesta dolore che culmina quando il pene è in erezione. Nel 20-70% dei casi è presente un deficit erettivo, ma la percentuale di pazienti che lamentano una “inadeguatezza sessuale” può raggiungere il 90%. La patogenesi della disfunzione erettile è molteplice: dolore durante l’erezione e fenomeni di ansia/frustazione; alterazione del meccanismo veno-occlusivo; alterazione della dinamica arteriosa a causa dell’estensione del processo patologico alle strutture trabecolari e vascolari cavernose.
Diagnosi
La diagnosi prevede l’oggettivazione del grado di curvatura grazie alla auto-fotografia. Il paziente riporta al medico delle fotografie con il pene in erezione che testimoniano quanto sia grave la Induratio Penis Plastica. Esami complementari sono l’ecografia che valuta le calcificazioni costituite all’interno del corpo cavernoso e in ultima istanza la RM. Recentemente, è stato messo a punto un nuovo metodo per la diagnosi della fibrosità dei corpi cavernosi: l’elastosonografia Shear Wave dei Corpi Cavernosi. Questa metodica permette di identificare fibrosità dei tessuti penieni ancor prima che si possano manifestare clinicamente, e consente di monitorare l’evolversi della patologia a seguito di trattamenti più o meno invasivi.
Trattamento medico per
la malattia di La Peyronie
Nel corso degli anni, sono stati utilizzati vari farmaci per la Malattia di La Peyronie con risultati altalenanti.
Vi è stato l’utilizzo di vitamina E, POTABA, alcuni chemioterapici, Pentossifilina, PDE-5, iniezioni intraplacca di calcio antagonisti come il Verapamil e da ultimo la tossina per il clostridium Histolyticum. Questa ultima sembra svolgere azione litica selettiva sulla placca, ma, i risultati presenti in letteratura sono ancora discordanti. È entrato in commercio da alcuni mesi un fitocomposto a base di Tradamixina© e PABA che coaudiuva nel trattamento delle fasi iniziali della malattia di La Peyronie in particolar modo quando la patologia provoca dolore nel soggetto interessato.
Da alcuni anni si sono sviluppati alcuni trattamenti minimamente invasivi che prevedono iniezioni di acido ialuronico o plasma ricco di piastrine (PRP) nelle zone fibrotiche del pene. Queste iniezioni locali aiutano nel contrastare l’infiammazione causata dalle fasi precoci della patologia, velocizzano la rigenerazione dei tessuti promuovendone l’elasticità e la formazione di nuovi capillari arteriosi che supportano il processo della erezione.
Il gold standard per la cura della patologia è il trattamento chirurgico. In letteratura sono state descritte molte tecniche chirurgiche alternative alle quali si può far riferimento in base al grado di gravità della malattia. Il paziente deve comprendere che la curvatura può persistere o ritornare il pene, con alcune tecniche come la plicatura può accorciarsi e può decrescere la funzione sessuale o la libido.
Curvatura semplice, inferiore ai 70 gradi con funzione erettile conservata; che intervento si può effettuare?
La scelta va indirizzata verso la tecnica più semplice, vale a dire quella di Nesbit, e il paziente, dopo adeguata informazione, accetti l’accorciamento del pene che tale comporta. La procedura di Nesbit consiste in una incisione ellittica nella parte convessa della curvatura con successiva sutura trasversale.
La procedura Yachia consiste in una incisura longitudinale della tunica albuginea sul lato convesso e successiva sutura trasversale senza rimuovere tunica albuginea.
La Plicatura, infine consiste in multiple piccole incisioni trasversali e parallele separate da uno spazio di circa 0,5 cm. L’incisione avviene fra le fibre longitudinali della tunica ma non sono violate le fibre circolari della stessa. Successivamente le fibre longitudinali fra le due incisioni parallele vengono rimosse generando la plicatura. Il difetto è chiuso con una sutura trasversale.
Curvatura maggiore di 60°, complessa, con una placca estesa e funzione erettile conservata; che intervento è possibile effettuare?
Nei casi in cui la Induratio Penis Plastica si presenta in maniera complessa è utile sicuramente effettuare un intervento di grafting.
In questo tipo di intervento il graft utilizzato dovrebbe rassomigliare il più possibile alla tunica albuginea del pene; in questo modo risulta minimamente invasiva, con una bassa probabilità di reazioni di rigetto; deve essere resistente alle infezioni e deve fare in modo da preservare la capacità erettile.
Sono stati utilizzati molti materiali cercando di sopperire alle caratteristiche suddette; sicuramente, il materiale che ha dato miglior risultati è il derma graft suino.
Curvatura complessa con presenza di disfunzione erettile e refrattarietà ai PDE 5i; qual è l’intervento adatto?
L’intervento che assicura miglior successo è sicuramente quello di innesto di grafts ed innesto di protesi peniena.
In questo modo è possibile recuperare sia la funzionalità che l’estetica dell’organo penieno. Esistono vari tipi di protesi: malleabili, rigide, bi-componenti o tri-componenti.
in questo caso sarà il chirurgo in base alla complessità dell’intervento ed alle aspettative del paziente a decidere quale protesi possa essere impiantata.
In clinica le protesi peniene più utilizzate sono le tri-componenti: sono costituite da due cilindri paralleli che vanno inseriti all’interno dei corpi cavernosi e un serbatoio pieno di alcuni cc di liquido, che, una volta premuto, riempie i cilindretti irrigidendoli, cosicché da mimare una erezione fisiologica. Il serbatoio è collocato all’interno della borsa scrotale o a livello sovrapubico.
Possibili complicazioni
Il decorso post – operatorio è caratterizzato da poche complicanze e per lo più locali; edema penieno, dolenzia locale e possibilità di contrarre lievi infezioni. I rapporti sessuali sono controindicati per tre mesi dalla data di intervento.
Possono manifestarsi edemi della cute peniena, del prepuzio ed ematomi che vengono evitati con una medicazione leggermente compressiva per 24-48 ore o con il posizionamento di un drenaggio lungo l’asta in caso di interventi di maggior complessità. I deficit di erezione postoperatori sono molto rari e dipendono da lesione del fascio vascolo – nervoso; deficit vascolari in genere si compensano dal flusso ematico dell’arteria dorsale proveniente dal lato opposto. Può residuare un deficit di sensibilità cutanea ad estensione variabile. Complicanze a distanza sono rappresentate da aderenze fra cute e albuginea e a dilatazione aneurismatica delle zone suturate
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