Ipospadia

L’ipospadia è una delle più comuni malformazioni congenite dei genitali maschili con un’incidenza pari a 1 su 1000 nati maschi. Il primo ad usare un termine arcaico per questa condizione fu Galeno nel II secolo d.C. Galeno non era estraneo alla corda del pene (chorda), un difetto fisico che impediva spesso ai pazienti ipospadici di concepire prole. I fattori ambientali comprendono invece l’esposizione della donna a composti chimici come estrogeni e fitoestrogeni da piante alimentari (ad es. semi e latte di soia), alcuni funghi, sostanze nocive come il DDT e prodotti come il Vinclozolin (classificato “endocrine disrupting chemical agent”). Fattori genetici, endocrini e ambientali sono postulati come cause multifattoriali dell’ipospadia (arresto dello sviluppo dei genitali esterni), anche se il meccanismo d’azione preciso non è ancora del tutto chiarito. Il coinvolgimento della genetica è dimostrato dalla familiarità della condizione (manifestazione stimata attorno al 20% tra consanguinei e al 14% nei fratelli) e numerosi studi sono stati compiuti in tal senso. Si tratta di un Difetto di sviluppo del pene, il meato uretrale non è posto all’apice del glande ma in una posizione più prossimale (quasi vicino al perineo). Generalmente è distale, mentre raramente prossimale (forme più gravi). In genere si associa ad una “chorda penis” (“pene ricurvo”: piccolo e tozzo che ricorda il clitoride) A seconda della gravità l’ipospadia può essere considerata un leggero difetto estetico o un problema anatomo-fisiologico assai più grave, che rende difficile la minzione, aumenta il rischio di infezioni e contribuisce ad una generale disfunzione sessuale oltre che a importanti problemi psicologici. La scelta della tecnica chirurgica dipende principalmente dal tipo di ipospadia, dalla sua gravità (posizione del meato, grado di incurvamento dell’asta e conformazione del glande) e a volte anche da altri fattori (ad esempio si può decidere di utilizzarne una che favorisce la ricostruzione del prepuzio o un’altra che invece prevede la circoncisione).

Gli interventi a uno stadio sono più utilizzati di quelli a due stadi.

Le tecniche a due stadi sono utilizzate principalmente nel trattamento dell’ipospadia posteriore, nonché dei casi più severi e complessi che richiedono un nuovo intervento. Nelle forme anteriori (circa il 70-75% dei casi) è possibile procedere mediante avanzamento uretrale distale glandulare, mentre in quelle medie e prossimali si procederà con un’uretroplastica completa. L’intervento non è in grado in nessun caso di ricostruire il corpo spugnoso che funge da guaina protettiva e contrattile al canale urinario. È norma, indipendentemente dal tipo di chirurgia impiegata, lasciare un catetere vescicale sovrapubico, uno stent o un catetere Foley a protezione della neouretra per circa 3-6 giorni (in particolar modo nelle ipospadie gravi)..

Le complicanze dell’intervento possono insorgere immediatamente a seguito dell’intervento chirurgico o   tardivamente, quando avvengono a distanza di mesi o di anni.
Le complicanze minori/immediate sono gli spasmi vescicali, la perdita urinaria e/o flemmoni urinosi, ematomi e infezioni. Il controllo di queste può avvenire con terapie fisiche e/o farmacologiche. Esse si sono notevolmente ridotte con l’avvento della tecnica dell’uretroplastica mini-invasiva, con il progredire della qualità delle medicazioni e con il progressivo disuso del catetere.
Le complicanze maggiori/tardive comprendono le fistole uretro-cutaneediverticoli e stenosi uretrali stenosi del meato. Queste ultime evenienze che possono essere corrette solo con ulteriore intervento chirurgico. Anche qui risulta fondamentale la filosofia di approccio clinico-strumentale, pena il fallimento dell’intervento correttivo.
La complicanza più grave è costituita dalla stenosi uretrale, causata da tecnica inadeguata o da intervento di uretroplastica inficiato da necrosi e/o guarigione definitiva cicatriziale per seconda intenzione. In questi casi si dovrà ricorrere ad ulteriore uretroplastica scegliendo i tessuti residui donatori più adatti e, nei casi più gravi, ricorrendo ad innesti di mucosa prelevati nel cavo orale dalla parte interna della guancia.

IPOSPADIA FALLITA

Il termine Ipospadia Fallita si riferisce ai pazienti (per la maggior parte adulti) che, dopo aver subito in passato 1 o più interventi per la riparazione di ipospadia, presentano complicanze uretrali e peniene. I pazienti subiscono spesso vari tipi di interventi chirurgici senza esito. i soggetti affetti da ipospadia fallita possono presentare problemi urinari dovuti in particolar modo da ipospadia residua, calcoli che si formano in uretra o fistole uretrali. Non da ultimo i pazienti possono presentare peli in uretra con infezioni urinarie ricorrenti.

I pazienti affetti da ipospadia fallita, generalmente adulti, presentano spesso anche problematiche di natura sessuale come una mancanza di corretta eiaculazione in vagina e la capacità di fecondare, curvature del pene a causa di un non simmetrico sviluppo dei corpi cavernosi che può ostacolare la penetrazione ed infine una stenosi uretrale che può determinare una eiaculazione dolorosa. Ciò che preoccupa maggiormente i pazienti è sicuramente il problema psico sessuale che si sommano ai problemi di natura urinaria ed estetica che  si ripercuote sulla vita sociale e di relazione dei pazienti affetti.

La diagnosi si effettua tramite uroflussimetria ed uretrografia e uretrociscopia. La uretrografia è un esame radiologico che tramite mezzo di contrasto iniettato in uretra e si compone di due momenti diversi: uretrografia retrograda in cui il mdc viene iniettato dal meato uretale verso la vescica, e, l’uretrografia minzionale in cui la vescica viene riempita di mezzo di contrasto introdotto in uretra e successivamentde il paziente urinerà spontaneamente. Questo esame diagnostico permette la diagnosi di stenosi lungo il percorso uretrale ed è di importanza cruciale per pianificare l’eventuale inter vento chirurgico.

L’uretrocistoscopia ci permette una visualizzazione diretta del canale uretrale tramite una piccola telecamera flessibile introdotta dal meato uretrale fino all’organo vescicale. L’uretrocistoscopia ci permette di visualizzare oltre le eventuali anomalie anatomiche anche problematiche di tipo morfofunzionale.

Lo scopo del trattamento chirurgico è ripristinare la normale anatomia e funzionalità uretrale. In particolare portare il meato uretale in cima al pene, ripristinare la funzione sessuale e l’aspetto estetico dei genitali, correggere la curvatura del pene, avere un aspetto estetico del pene soddisfacente.

Le tecniche chirurgiche più utilizzate:

  • uretroplastica in un tempo unico (l’uretra viene riparata con un solo intervento): l’uretra viene incisa ed ampliata con un innesto di prepuzio o mucosa buccale.
  • Uretroplastica in due tempi di Bracka: l’uretra viene ricostruita con 2 interventi effettuati a distanza di più di 6 mesi uno dall’altro.

Primo tempo chirurgico: il pene è aperto ventralmente e l’uretra malata è rimossa e sostituita con mucosa buccale. Questo tipo di graft è la prima scelta da impiegare in chirurgia uretrale perché è un tessuto particolarmente resistente. Il prelievo viene effettuato dalla guancia interna e la ferita viene successivamente suturata; il paziente può riprendere a mangiare il giorno dopo l’intervento e i punti di sutura si riassorbono spontaneamente dopo circa 30 giorni.  Secondo tempo chirurgico: dopo alcuni mesi la mucosa buccale viene tubularizzata ed il meato uretrale ritorna all’apice del glande. Un catetere viene inserito per circa 10 giorni.

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