Ipertrofia Prostatica Benigna: dal laser al Tullio alla luce verde, la cura solo su misura
L’ipertrofia prostatica benigna (definita spesso con l’acronimo IPB) è una condizione legata all’avanzare dell’età ed è una delle patologie più diffuse fra la popolazione maschile. Colpisce circa il 50% degli uomini di età compresa fra i 51 e i 60 anni e fino al 90% degli ultranovantenni. Ne abbiamo parlato con il professor Fabrizio Iacono, andrologo e urologo, docente alla Federico II di Napoli.
«La crescita dell’adenoma prostatico – ci ha spiegato – comprime l’uretra determinando una difficoltà della minzione, la nicturia (ovvero la necessità di svegliarsi spesso di notte per urinare), una sensazione di non aver svuotato correttamente la vescica e l’esigenza di fare la pipì più e più volte. Cosa ancor più “fastidiosa”, possono coesistere anche problemi della sfera sessuale, come la disfunzione erettile e disturbi legati all’orgasmo». Ecco perché il professor Iacono considera di fondamentale importanza una visita urologica accurata che inquadri il paziente a 360 gradi e allo stesso tempo l’esecuzione di alcuni esami diagnostici semplici e per nulla dolorosi, come la ecografia vescico-prostatica e l’uroflussimetria con misurazione del residuo post minzionale. Poi, in base a quanto i sintomi impattano negativamente sulla qualità di vita si decide insieme al paziente il tipo di trattamento, medico o chirurgico.
Iacono chiarisce che «il trattamento chirurgico dell’ IPB ormai si basa quasi esclusivamente su interventi di tipo endoscopico con un approccio transuretrale, mentre è quasi stata abbandonata del tutto la chirurgia a “cielo aperto”. In questo modo si riduce enormemente la possibilità di complicanze come il sanguinamento e la necessità di molti giorni di ricovero».
Fortunatamente, in aiuto sia al paziente che al chirurgo, sono state sviluppate le tecniche cosiddette mininvasive con l’utilizzo di vari tipi di laser. «È compito di noi chirurghi proporre al paziente la giusta tecnica laser ritagliata sull’anamnesi e sulla sintomatologia riscontrata giacché potremmo dire che ogni paziente ha un suo “laser”». Questo significa a seconda delle caratteristiche del paziente il chirurgo deve scegliere il tipo di laser più adatto.
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